La Donna.

scritto da Michele 57
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Autore del testo Michele 57

Testo: La Donna.
di Michele 57

La Donna.

La donna deve apparire intelligente? É certamente questo un quesito davvero provocante, che sottende un'altra domanda, ancora più conturbante: a cosa serve una donna?

No, amici cari (già scorgo sulle vostre labbra un maligno sorriso), non intendevo alludere alla materialità più evidente! Questo lo sappiamo tutti più che bene e, parimenti, ne hanno almeno una teorica nozione ugualmente i preti, i frati e (perché no?) persino le clarisse dei romitori più segregati e sperduti che, pure, trascorrono piamente una intiera esistenza, per dimenticarlo.

La mia domanda esprimeva soltanto l'ingenua tentazione di vertere sull'intrinseca essenza della donna; ovvero su quella femminilità, convertitasi oggigiorno in una caratteristica così rara, da essersi madornalmente trasformata addirittura in una qualità (amara ironia del destino) !

Se noi considerassimo l'intrinseca componente dell'acqua dell'essere naturalmente bagnata, ci dovrebbe stupire davvero l'imbatterci in una ipotetica sorta d'acqua, assolutamente asciutta sopra lo zero centigrado; tuttavia, il turbinio, oltremodo singolare ed artefatto, della società contemporanea non riesce a provocarci il menomo turbamento, ogni qual volta ci ponga dinnanzi ad una donna, grottescamente priva della più rudimentale ed elementare delle forme di femminilità.

Ognuno di noi, povero e stolto uomo, si trastulla, per l'intero corso della vita, nel vano intento d'illudersi, di volersi illudere, ed ecco la donna, strumento necessario e divino, esplicarsi nella sua funzione davvero importantissima ed eterna. E, a questo punto, in tutta sincerità, amici miei carissimi, credetemi, quando vi dico che, per riuscire in questo, non è sufficiente un'intelligenza vivida, ma ne occorre una quasi sovrumana: femminile, per l'appunto!

Care donne, che riuscite a popolare della più dolce fra le illusioni gli istanti del nostro breve vivere terreno, Dalile seducenti ed ammaliatrici! Le vostre arti sono sempre riuscite a condurci ad un vertice ineffabile, in una dimensione, laddove finiscono per confondersi e per compenetrarsi, gloriosamente sublimate, l'abiezione e la santità salvifica! Di fronte a voi, cadono i parametri del normale giudizio: ne siete, in certo qual modo, estranee e superiori. E, per far questo, occorre una grandissima, un'immane intelligenza, a paragone della quale impallidiscono e scompaiono persino quelle di Einstein e di Leonardo!

L'uomo ha ben potuto vivere, per millenni, orbo delle leggi della fisica e della scienza, ma non potrebbe vivere mai, separato dall'illusione che voi create nel sogno del suo esistere. Non certo a caso, anche i più rigidi fra gli asceti hanno retto le proprie interiori meditazioni e le proprie rinunzie, ricorrendo al Nome di una di voi: a Maria e quel Nome ha saputo guidare, con poetica magia, il fantastico fluire dei loro giorni sulla terra, nella promessa del più mistico fra gli amori.

Morgana, ben potesti avvincere, con i tuoi giuochi, il sapiente Merlino, il quale, pur nella propria semidivina potenza, fu per te un ingenuo ed arrendevole fanciullo; egli presagiva che tu lo avresti annichilito, eppure accettò di farsi da te imprigionare per sempre, nella grotta incantata di cristallo.

A fianco di ogni uomo che si è illuso di potere, lui solo, vergare una pagina significativa negli annali della Storia, c'eri sempre tu: Elena, Rossana, Cleopatra, Agrippina, Caterina dei Medici o Placidia. La tua conturbante e fragile presenza valeva a fiaccare gli animi più intelligenti e poderosi.

Oggi, povera donna, il mondo moderno ti ha uccisa, con la stessa arma che, nei secoli, ti aveva resa imbattibile e sovrana: l'illusione. Ed eccoti ridotta a competere con le enciclopedie, con i computers, con l'economia, con la politica ed addirittura con quegli stessi uomini, sui quali avevi steso lo scettro sovrano del tuo invisibile dominio. Oggi sei morente, proprio oggi che ti illudi, anche tu, di poter scrivere, da sola, la tua storia.

Il matrimonio, tua millenaria teca di salvezza, appare, nel presente, essere sospeso ad un filo di precaria consistenza e l'aborto ti ha negato quella leva che, solo tu, tramite visibile della Divina Creazione, potevi muovere. Eri la principessa d'un bel sogno e ti sei risvegliata Cenerentola derelitta, ma ciò non pare spiacerti, poiché l'illusione ti ha fatto credere di aver vinto una grande battaglia. Di certo, ti sei dimostrata assai meno realista di Pirro e, del resto, fragile e sventurata creatura, non ti sei nemmeno domandata dove mai potesse nascondersi il tuo Epiro?

L'uomo moderno ha voluto infrangere i suoi idoli, ha spezzato i propri miti ed ha perduto se stesso, ma, novello Lucifero, ha portato all'Inferno anche te; per lui non potrà mai più esistere l'abbagliante miraggio di una redenzione, poiché, con l'inganno, ha carpito la tua anima.

Povero mondo, che, da individuo, ti sei voluto trasmutare in automa, come è grigio il futuro nel quale pari bramoso di avventurarti! Ciascuno di noi ama oggi cullarsi nella pia illusione (davvero molto crudele) di poter essere estraneo, nel proprio intimo, al processo dissacratore della modernità. «Io sono diverso, per me non è così!», già mi pare di poter sentire gridare da più parti, con foga concitata. Povero uomo, aggrappato ai balocchi patetici della tua perduta fanciullezza, non ti avvedi nemmeno di come, tu stesso, in ogni istante, venga ad essere ininterrottamente immolato, come vittima sacrificale, sugli altari della novità.

La tua casa sarà sempre più simile ad una mera aspirazione, da nutrire di puerile speranza, nei pochi attimi di riposo che ti concede l’asservimento alla “realtà sociale”; tua moglie, la tua compagna, simulacro dell’ideale femminile, sarà per te, sempre più, una “collega” nella gestione della “società famiglia”.

Beato te, se ancora ti riesci ad illudere dell’attuale esistenza di una fiaba trascorsa che, forse, rincorri, con esasperata bramosia, in un impossibile agone, contro il tempo e la storia: tutto hai permesso che mutasse intorno a te ed ora rimpiangi, impotente, quanto ti sei lasciato rubare. Non pensarci, è inutile! Fai finta di niente, è il partito migliore! Guarda negli occhi una donna e sforzati di trovare in essi la porta d’accesso ad un regno scomparso. No, amico caro, la cosa non è facile, giacché, fra l’altro, è troppo recente la sua dipartita, ma tu cerca di sforzarti lo stesso; fingi che la socia del vivere che ti è dinnanzi sia davvero una donna e, vedrai, se lo vorrai con ogni fibra del tuo essere, che potrai riuscirci e ne sarai davvero contento!

Se coronerai questa chimerica impresa, non guardarmi troppo male; il mio non è un senso di malintesa superiorità, ma una consapevole e dolorosa forma di lucidità, che m’impedisce di poter essere sereno. Sono sempre alquanto triste, è vero, ma, purtroppo, l’orgoglio smisurato (il peggiore, forse, dei miei difetti) non mi concede d’essere altrimenti. Non volermene, credi, dicendo d’invidiarti, mento solo a metà; compatiscimi, questo è certo il peggiore dei castighi che mi puoi comminare, sono sincero.

Ogni qual volta mi incontrerai, non lasciarti fuorviare dal mio sguardo costantemente ironico e dai miei ragionamenti cinicamente sarcastici ed irrispettosi: il mio è un puro sfogo dettato dall’impotenza! In realtà, sono immerso nella costante ricerca di qualcosa che so bene non esistere e che nessuna delle rarissime donne che, forse, ancora ci sono, mi vuole dare l’illusione che possa essere trovato.

Che vuoi, oltretutto, ben lo sai, io sono alquanto miope e, assai spesso, nutro la netta sensazione d’essere stato proprio io l’incapace, che non è riuscito a scorgere la sua Fata Morgana, che lo attendeva al caffè, ad un ricevimento o sul pianerottolo delle scale di casa.

Come puoi ben costatare, caro amico, l’invidiarmi è davvero un'impresa impossibile, per cui, te ne prego di cuore, compatiscimi, compatiscimi semplicemente; senza alcun dubbio, non merito davvero nulla di più …

La Donna. testo di Michele 57
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